Una frase banale e profonda, tanto che Dostoevskij la mette in bocca a Myškin, l’idiota.
E tutti a dirsi d’accordo. Una frase così bella (sarà lei stessa a salvarci?) che nessuno si sente di confutare (per tema di passar per idiota, forse).
Ma… Che cosa vuol dire poi? Qual è, in definitiva, la bellezza che ci salverà? In che cosa consiste questo bello capace di sollevarci dalla nostra condizione? E la salvezza che porterà, sarà per tutti? O solo per chi, quella bellezza, saprà vederla?
Se rispondiamo alla prima domanda legando la bellezza alla sua sola valenza estetica siamo, credo, fuori strada.
Dostoevskij deriva il concetto di bellezza da quello, elaborato da (Sant’)Agostino, di “pulchritudo dei“, bellezza divina che è, insieme, grazia, equilibrio, armonia.
Allora la risposta alla seconda domanda potrà essere una sola. Se sapremo essere in armonia e in equilibrio, se sapremo portare questa grazia nel nostro modo di vivere e di rapportarci col mondo, salveremo noi stessi. E, insieme a noi, coloro che ci circondano.