Teresa Zanetti, 2013
Io voglio, per comporre castamente le mie egloghe,
coricarmi vicino al cielo, come gli astrologi
e, vicino ai campanili ascoltare sognando
i loro inni solenni portati dal vento.
Con le due mani al mento, dall’alto della mia mansarda,
vedrò l’officina che chiacchiera e canta,
le ciminiere, i campanili, antenne di città
e i cieli immensi che fanno sognare di eternità.
È dolce, attraverso la bruma, veder nascere
la stella nell’azzurro, la lampada alla finestra
i fiumi di carbone salire al firmamento
e la luna rovesciare il suo pallido incanto.
Vedrò le primavere, le estati, gli autunni
E quando giungerà l’inverno con le sue nevi monotone
Chiuderò in ogni dove porte e finestre
Per costruire nella notte i miei palazzi di fate.
Allora sognerò di orizzonti bluastri,
di giardini, di acque piangenti negli alabastri,
di baci, di uccelli che cantano sera e mattino
di tutto ciò che l’Idillio ha di bambino.
La sommossa, tempestando invano ai miei vetri,
non mi farà sollevare la fronte dal mio leggio;
perché sarò immerso in questa voluttà
di evocare Primavera con la mia volontà
di trarre un Sole dal mio cuore, e di fare
dei miei pensieri ardenti una tiepida atmosfera.
Charles Baudelaire, Les Fleurs du mal, Quadri Parigini – LXXXVI – Paesaggio