The Favourite, Yorgos Lanthimos, 2018
Con Yorgos Lanthimos, regista metafisico, surreale, nichilista …, avevo un credito triennale: dopo la visione di The Lobster (con mio figlio allora quindicenne che gridava alla violenza su minore e minacciava di chiamare il telefono azzurro per averlo portato in sala con me) avevo maturato un’avversione profonda per quel suo modo così sottile e inquietante di essere violento. Sicché all’uscita de Il sacrificio del cervo sacro avevo passato la mano.
Ieri sera mio marito mi propone La Favorita. Ero stanca (una giornata di corse tra lavoro, figlio, spesa settimanale, mamma ottantenne che non si rassegna a far la nonnina tranquilla …), così non ho nemmeno guardato chi fosse il regista, quali fossero gli attori … nemmeno un pensiero alla trama. Ho detto ‘va bene’ e sperato che fosse un film abbastanza intelligente e profondo da tenermi sveglia (da sempre detesto i film di cassetta che mi fanno inesorabilmente dormire).
Quando all’ingresso del cinema ho letto sulla locandina il nome di Lanthimos e subito appresso quello di Emma Stone (una delle attrici più insulse dell’intero panorama, non solo di quest’ultimo ventennio, ma della storia del cinema) mi è venuto da piangere.
Invece …
Anna è vecchia, dispotica, sola, disperata, bulimica, lesbica.
Sarah è bella, volitiva, intelligente, appassionata.
Abigail è graziosa, timida, ingenua.
Forse …
Attraverso le storie intrecciate delle tre donne che ne furono attrici (la regina Anna Stuart, Lady Sarah Churchill Marlbourough e Lady Abigail Hill Masham), il racconto della lotta per la successione al trono di Inghilterra (con quello che si è portata appresso: la fine degli Stuart, l’ascesa dei Tory, la resistenza dei Whig) che diventa pretesto per aprirci gli occhi sulla reale vita di palazzo in cui, tra intrighi, cattiverie, abomini inimmaginabili, non ci si può mai fidare di nessuno perché mai nessuno è quello che sembra.
Bella la fotografia, con un uso mai visto e assolutamente spregiudicato del fish-eye; fantastica la colonna sonora (un colpo di tamburo e un’arcata di violino, alternati, ritmano ossessivamente – arrivando a creare un senso di assoluto fastidio nello spettatore – i passaggi più lugubri); gli attori tutti perfettamente in parte (anche la Stone, mi duole ammetterlo).
Cinico, ironico, divertito.
Direi che Lanthimos ha saldato il debito.