Non c’è dubbio che le idee migliori mi vengano quando me ne sto distesa sul lettino della mia massaggiatrice.
Mentre le mani esperte di Giada mi distendono i muscoli e le mie giunture scrocchiano allegramente come Rustiche San Carlo, ricordando al cervello l’esistenza di parti del corpo nemmeno sospettate, la mente si rilassa e (finalmente lassa) lascia affiorare alla superficie della coscienza consapevolezza e conoscenze imprigionate chissà dove sino a quel momento.
Così non mi resta che raccoglierle col mio retino da Vispa Teresa e depositarle in qualche posto sicuro.
Sebbene avessi promesso (soprattutto a me stessa) che avrei prodotto ogni mese due pezzi sulla fotografia, gennaio è trascorso e così buona parte di febbraio, senza che un solo rigo degno di essere letto uscisse dalla mia penna (ebbene lo ammetto, prima di trascrivere al p.c., annoto tutto sui miei taccuini neri a righe).
Oggi però, ascoltando con grande curiosità l’effetto prodotto dall’ammorbidirsi di un muscolo del collo teso come una corda di violino, una danza di parole, fotografie e musica si è magicamente composta nella mia testa.
È un fatto che l’irruzione della fotografia nella storia abbia una forza dirompente.
La sua influenza sulle arti figurative, per l’innegabile contiguità di quanto ne costituisce il prodotto, è ovviamente la prima cui si pensa.
Ad esempio, tanto per dirne una, è grazie agli studi e agli esperimenti di cronofotografia di Eadweard (sì, il nome è giusto, non sono ammattita, se l’era cambiato così per dargli un suono più “Old England”) MUYBRIDGE (1)

che muta il modo di raffigurare i cavalli al galoppo, perché quello sino ad allora in uso non risponde alla realtà: quando sono completamente staccati da terra, infatti, non hanno l’atteggiamento del “cavallo a dondolo” (ossia con le zampe anteriori e posteriori lanciate rispettivamente in avanti e indietro), bensì tengono le quattro zampe raccolte sotto il ventre.

Anche se, per dire il vero, esiste una raffigurazione antica, più unica che rara in effetti, per così dire “corretta” che ha fatto esclamare a Andrén “in perfetto accordo con quanto avviene in natura, sembra essere l’unica, e senza altri paragoni, così realizzata prima dell’invenzione della fotografia istantanea” (2) (3).

Ed è sempre grazie alla cronofotografia, ad esempio le immagini realizzate da Étienne-Jules Maray o Thomas Eakins, e al fotodinamismo ideato dai fratelli Bragaglia, in particolare Anton Giulio (4)
che i Futuristi iniziano a pensare a un modo nuovo di rappresentare il movimento. Anche se, piuttosto che ammetterlo, si sarebbero fatti portare via tutti i pennelli … (basti leggere l’invettiva di Boccioni, che pure da Bragaglia si era fatto immortalare, o gli articoli apparsi sulla rivista futurista Lacerba). E sapete perché? Ve lo dico poi.

Ah! La fotografia di un Lartigue poco più che tredicenne, tra l’altro ottenuta per errore, a causa (o grazie!) al tempo lento dell’otturatore orizzontale della sua ICA 9×12, cambia per sempre l’idea che una ruota in movimento debba essere rotonda …

(continua)…
E la musica?
Giusto! La musica!!!
Philip Glass, The Photographer, opera dedicata proprio a Mubridge e alla vicenda giudiziaria che lo coinvolse per omicidio …
https://www.youtube.com/watch?v=oPCkt9VvkY0
Bibliografia:
(1)E. Muybridge, The Human and Animal Locomotion Photographs)
(2)A. Andrén, Architectural Terracottas from Etrusco Italic Temples (1940)
(3)F. Magi, Andature di cavalli nell’arte con particolare riguardo all’ambio nell’arte cinese degli Han, in Rivista degli studi orientali – Vol. 49, Fasc. 1/2 (Aprile 1975)
(4)Anton Giulio Bragaglia, Fotodinamismo futurista, 1911