Mai come oggi mi piace scrivere e sottolineare e riempire di punti esclamativi e urlare il titolo di questa mia tradizionale rubrica.
Al cinema, siamo tornati ieri. Che bellezza! La sala buia, lo schermo grande (GRANDE!), le poltroncine in cui affondare, sobbalzare, contorcersi, a seconda del momento che scorre sullo schermo, della posizione sempre scomoda da aggiustare …
Al cinema! Avevo gli occhi pieni di gioia e commozione nel ritrovare i volti amici dei gestori, della maschera, della cassiera del caro vecchio cinema Eliseo di Torino, un cinema del circuito d’essai che, a quanto pare già conta una vittima a causa della pandemia (nel momento in cui scrivo il cinema Nazionale non ha ancora riaperto i battenti e non si sa se e quando tornerà a farlo).
Al cinema, dunque! Eravamo in nove (pare che sia un buon numero, a dire dei gestori).
Tutti distanziati, tutti con le mascherine, tutti igienizzati ma … così felici di esserci.
E ora vorrete sapere qualcosa del film.
Il film…
Il collezionista di carte, di Paul Schrader, sì proprio quel Paul Schrader di American gigolo.
Bill Tell (Guglielmo Tell, insomma) è un ex detenuto che si guadagna da vivere con il gioco d’azzardo.
Avendo avuto molto tempo per meditare, quando era in carcere, ha imparato il calcolo probabilistico e il modo per applicarlo a proprio vantaggio in qualunque gioco d’azzardo giocabile.
E’ un uomo austero, di poche pretese, che gioca per vincere poco, ma vincere sempre, per non dare nell’occhio. E ci riesce. E conduce una vita nomade da un casino all’altro di un’America livida e chiassosa.
Le sue notti però sono tormentate dall’incubo di un una malebolge che arriva dal passato, un’oscenità di depravazione e violenza, un labirinto di urla, latrati, scariche elettriche, colpi ripetuti, calci, pianti strazianti, che si riapre su se stesso, sempre uguale e infinito e dal quale è impossibile fuggire.
Niente è mai come sembra e Tell nasconde un passato scomodo che riuscirà ad affrontare grazie a un ragazzino che lo contatta per portare a compimento una propria vendetta nei confronti di un uomo che faceva parte del passato di suo padre e anche di quello di tell.
Gli attori sono tutti perfettamente in parte, compreso il cameo preciso e asciutto di Willem Dafoe.
C’è, in questo film, il ritmo sincopato delle narrazioni che si muovono su diversi piani (il ricordo, il sogno, il presente, le speranze). C’è l’America dei casino, non luoghi difficili da distinguere gli uni dagli altri.
C’è pure spazio per l’amore e il perdono, in primo luogo di se stessi. E c’è la capacità tutta statunitense di fare cinema.
Il film mi è piaciuto sino a cinque minuti dal finale. Non spoilero nulla, però.
E comunque lo consiglio.