Back where you belong, Jack Vettriano
Avevo quasi rinunciato a incontrare di nuovo la Ragazza delle arance, e non riuscivo assolutamente a farmi un’idea su che tipo di persona potesse essere quel tizio sulla Toyota bianca. Poi mi venne un’idea: per una volta potevo anche andare alla funzione prima di tornare a casa in Humleveien. Ero ancora talmente inebriato da quella giovane misteriosa, da avere la sensazione che anche lei avrebbe potuto andare alla funzione prima di raggiungere la compagnia delle persone con le quali avrebbe festeggiato il Natale. (Di chi si trattava? Sì, chi erano?) Pensai che sarebbe stato più probabile incontrarla nel duomo, o, per essere più precisi, meno improbabile.
Ora devo sottolineare per chiarezza che niente di quanto sto raccontando sulla Ragazza delle arance è inventato per rendere la storia più interessante. I fantasmi non mentono, Georg, non hanno niente da guadagnarci. Ma, d’altra parte, non sto neanche raccontando tutto. Chi ha mai provato a fare qualcosa di così inutile?
Non c’è bisogno che riferisca tutti i tentativi falliti di ritrovare la Ragazza delle arance. Passai giorni e settimane a perlustrare tutto il quartiere di Frogner, ma non te li racconto, se lo facessi questa storia diventerebbe troppo lunga …
Jostein Gaarder, La ragazza delle arance