Qui rido io (Mario Martone, 2021)
Mario Martone è un genio cinematografico. E questo suo ultimo film un piccolo grande gioiello.
Il racconto di un pezzo (importante) della storia di Napoli e della “napoletanità”, raccontato con gli occhi di chi in questo liquido amniotico è da sempre completamente immerso.
Il racconto della vita spericolata di Eduardo Scarpetta. Attore, commediografo, padre di molti figli, “legittimi e non”, come si usava dire al tempo, ma tutti generosamente trattati alla stessa maniera. E tra questi quei tre De Filippo (mai riconosciuti ma da tutti ben conosciuti) che tanto hanno contribuito alla diffusione nel mondo dell’immagine della loro città, del teatro e di una filosofia capace di ritrovare il filo sottile dell’ironia insita in ogni vera tragedia.
Il racconto di una società molto più aperta di quella in cui oggi abitiamo. O forse la semplice scoperta che, in ogni epoca, è possibile essere aperti solo volendolo e essendo disposti a pagarne le conseguenze.
Il racconto, anche, di una sentenza che fece scalpore, con la quale, partendo dalle riflessioni di Benedetto Croce, il Tribunale di Napoli – non dimentichiamo che la città è anche madre di una grande scuola giuridica – partendo dalla denuncia per plagio che D’Annunzio presentò contro Scarpetta (La figlia di Iorio era la tragedia plagiata, il plagio la commedia scarpettiana Il figlio di Iorio) delineò i confini della parodia e del diritto di parodiare.
Una riflessione sul tempo che passa, sul cinematografo che sostituisce il teatro, sul modo di ridere che cambia a seconda del momento storico in cui si vive …
Un film necessario.
E per me davvero un bel modo per riprendere l’abitudine del cinema, dopo oltre un anno e mezzo di dolorosa astinenza.