Al cinema! L’uomo che comprò la luna di Paolo Zucca

L’uomo che comprò la luna, Paolo Zucca, 2018

Ironico (sardonico?), onirico, poetico, stravagante, folle, divertente, straziante, visionario …

Un omaggio d’amore alla Sardegna.

E più ancora alla “Sarditas”. Quel concentrato di ruvidità, onore, malinconia, attaccamento alla propria terra, timidezza, ostinazione, generosità, risolutezza, forza, sagacia fulminea … che ci fa capire immediatamente di fronte a chi ci troviamo, quando incontriamo un Sardo.

E parlo per esperienza diretta.

Pannofino e Fresi sono Lino e Pino, o Nino e Dino, o Fino e Gino … La più improbabile coppia di gatto&volpe che si possa immaginare. Agenti segreti, tanto prolisso e inconcludente uno (Fresi), quanto sbrigativo e decisionista l’altro (Pannofino).

Devono trovare immediatamente qualcuno da mandare in Sardegna perché c’è chi ha reclamato il suo diritto di proprietà sulla Luna, gettando nel panico i capi delle Nazioni.

Kevin Pirelli (Jacopo Cullin) è alto 1,88m, è biondo (biondo?), parla con uno spiccato accento lombardo ed è il più imbranato e sprovveduto tra tutti gli appartenenti ai corpi militari speciali.

Però sulle sue note caratteristiche è scritto che conosce il Sardo. Sa Limba.

Va da sé che è lui il giusto candidato alla missione speciale.

Addestrato da un Benito Urgu, riflessivo e al contempo esilarante maestro Jedi, il nostro giovane Kevin riscoprirà le sue origini negate.

Di rara potenza ed emozione la scena di Angela Molina, meravigliosa Jana, che fa sorgere la Luna dal monte al suono delle launneddas.

Poetica e bellissima la passeggiata di Kevin sulla luna insieme al nonno e al suo Mentore per incontrare tutti i grandi sardi, dal piccolo Gramsci che combatté contro il fascismo al soldato Amsichora che guidò la rivolta contro i Romani, passando per Eleonora, la Giudicessa d’Arborea che ben prima di qualsiasi costituzione moderna, aveva stabilito l’uguaglianza di tutti, uomini e donne, di fronte alla legge.

Caldamente consigliato a tutti, Sardi e non, quelli che hanno un cuore.

Vi regalo l’Ave Maria in Sardo del coro Tenores di Bitti, che nonostante le tante versioni, resta la mia preferita, perché è quella della mia infanzia.

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