operatore di mercato ittico

Ieri vado al mercato a comprare il pesce. Faccio anche di queste cose normali, ogni tanto.

Al martedì, al mercato, il pesce è di giornata. A Torino, almeno esiste questo mito che il pesce sui mercati cittadini al martedì e al venerdì è quello fresco di giornata. Di venere e di marte forse non si sposa e non si parte, in compenso però il pesce fresco si può mangiare.

Prendo due magnifiche orate, con l’occhio ancora bello brillante e il corpo sodo (occhio brillante, corpo sodo e branchie rosate sono sinonimi di pesce fresco, segreti imparati da bambina, quando ancora piena di sonno andavo in porto, alle cinque del mattino, insieme al mio papà, ad aspettare le barche dei pescatori che rientravano dopo la notte in mare).

Poi formulo quella che si rivela una fatidica domanda: “me le può sventrare per favore?”.

A me non sembra di aver detto nulla di strano. Ma … L’operatore di mercato ittico mi guarda con gli occhi sgranati e: “sventare? ma… che cosa orribile!”.

Oddio, checosahomaidetto? Quasiquasi mi sento JackLoSquartatore!

Lo guardo con l’occhio glauco più vacuo che riesco a imbastire lì per lì e con voce flautata gli chiedo: “perché lei come direbbe?” e lui prontissimo: “pulire!”.

Ho capito. In questo mondo ipocrita il cesso lo devo chiamare sala adibita all’evacuazione del residuo corporale post assunzione di alimenti; il pescivendolo, giustamente, altrimenti si sente offeso nell’onore, è un operatore di mercato ittico, la bidella (bidella!!!! che cosa ho mai detto!!! b i d e l l a!!!!) è personale scolastico non amministrativo e non docente (anche il/la custode, peraltro, lo sarebbe, però lui/lei misteriosamente, è rimasto custode, forse perché custodire è meglio che bidellare o forse perché altrimenti personale scolastico non amministrativo e non docente addetto alla salvaguardia dell’integrità delle strutture scolastiche diventava davvero troppo macchinoso e lungo da dire – a meno di acrostici bizzarramente impronunciabili del tipo PSNAeNCAASDIDSS).

E “sventrare due orate” necessariamente si converte nel meno cruento “pulire due orate“.

A me è stato insegnato a chiamare sempre le cose con il loro nome. La morte, il dolore, sventrare le orate, fare la cacca (o il più virile e soldatesco “cagare!”) …

Adesso invece va di moda trovare un linguaggio più orecchiabile, meno detestabile … Che bello essere eufemistici, no? Magari a forza di chiamare le cose con un nome più bello anche la loro sostanza cambia … No? Per dire, magari se insisto a chiamare la cacca, che so?, risotto, poi finisce che qualcuno ci crede e se la mangia volentieri.

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