
Poetico cartone animato inframmezzato da quelle che in linguaggio giornalistico si chiamano “immagini di repertorio”.
Flee (fuga ma anche rifugiato, ma anche scappare, ma anche … e quindi bene han fatto a non tradurre – questa cosa delle traduzioni mi sta sempre più ossessionando) racconta la storia di Amin piccolo profugo afghano a conoscenza della propria omosessualità sin dalla più tenera infanzia.
Storia di un diverso tra i diversi, insomma, ammesso che questo termine abbia un significato in un mondo di soggetti (cioè di individui sempre unici – cosa che, almeno a me, pare un bene).
Non c’è pietismo. Non ci sono lacrimucce facili. Non c’è condanna. Mentre ben potrebbero esserci tutti e anche altri.
C’è solo il racconto dei fatti così come li ricorda il protagonista. E allo spettatore di giudicarli.