II – Anna

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Daido Moriyama
Dove sei andata?   Stronza!
La chiama così nei suoi  pensieri, non riesce da allora a pronunciare il suo nome, è finito anch’esso  in quell’abisso di sofferenza che lo attanaglia.
Quegli indumenti abbandonati stridono acutamente con l’immagine di lei che sta prendendo forma.
L’aveva spiata innumerevoli volte attraverso la porta socchiusa: la sua immagine riflessa nello specchio dell’armadio anni ’50, seduta sulla sponda del letto mentre si infilava le calze agganciandole alla guêpière.
Elegante.
Compiva quel gesto come una lunga carezza lenta, indugiando, e guardandolo di sottecchi, lo sguardo obliquo, ammiccante mentre schiudeva leggermente le cosce. Maliziosa.
Sapeva benissimo di essere vista.
La sensualità era il suo corredo genetico, non faceva nulla per esserlo ma era capace come nessuna di gettartela addosso.
Erotica e materna senza che le due dimensioni entrassero in conflitto l’una con l’altra. Capace di divorarlo e accoglierlo al contempo.
E ora quelle labbra insinuanti sono come materializzate davanti a lui come potesse toccarle solo allungando una mano, sarebbe così facile godere di quella felicità. 
E’ lurido, sudicio di misera sciattezza e assecondare la stretta della vecchia gli pare la via più facile per fuggire dal ricordo ed invece si accorge di avere un’erezione imponente.
Quella sensazione di turgore ha il potere di rammentargli, sovrapponendolo a quello di lei, un altro volto, quell’uomo.
Era entrato nella loro vita sinuosamente, strisciando come quei serpenti  neri che da tanto tempo lo accompagnano.
La loro vita perfetta sgretolata da un passo di maschia baldanza.
Quel suadente porsi con impareggiabili eloqui  in un ammuffito corteggiamento.
Doppiogiochista capace di riservare a lui sguardi di scherno, quando non di sprezzante sufficienza.
Avrebbe voluto contrastarlo, no, picchiarlo a sangue, scorticarsi le nocche per strappargli via il viso e con esso ogni parte di lui.
Aveva sviluppato, invece, una strana voglia di nascondersi, astrarsi, sparire in chiusure meditabonde.
“Mamma salvami!” o è alla stronza che rivolge il suo urlo disperato?

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