Le cose che restano (Giorgio Verdelli, 2021)
Il bello di avere i figli grandi è, tra l’altro, la possibilità di regalarsi un’uscita cinematografica anche nel bel mezzo della settimana. Che loro vengano o no…
L’evento di presentazione del documentario di Verdelli occupava le serate del 4-5-6- ottobre.
Non so bene se verrà riproposto al cinema o se transiterà direttamente alla televisione.
Non è un documentario imprescindibile. Tuttavia, questa storia (non agiografica e già questo mi sembra un punto a suo favore!) di Ezio Bosso (musicista e compositore torinese, noto forse più per i suoi ultimi anni i vita segnati da un’inesorabile malattia degenerativa che per i suoi – indiscussi, tengo a dirlo – meriti professionali) regala alcuni spunti di riflessione sulla passione per il proprio lavoro, sull’importanza della musica per l’umanità (penso con orrore ai talebani che la proibiscono, la pena per chi fa musica è la morte), su quanto la malattia possa togliere e al contempo dare a una persona e a chi le sta intorno, e più in generale sulla vita in sé e per sé.
In più, a chi è come me Torinese e coetanea di Bosso, Verdelli regala un bel tuffo nel passato, in una Torino fine anni ’80 primi anni ’90 che era bella di per sé e che, con gli occhi un po’ nostalgici di una cinquantenne, lo diventa ancora di più.
Toccanti alcuni interventi di chi lo ha avuto come amico e compagno di lavoro, in particolare quelli di Angela Baraldi e Paolo Fresu.
Se vi dovesse capitare, io mi sento di consigliarlo.