
Dopo oltre tre mesi, causa Argentina e covid-19, ieri torno finalmente al cinema.
Ingolosita dal titolo e senza stare troppo a guardare le recensioni, decido per America Latina. I registi, due giovani in gamba, e il cast di prim’ordine mi convincono definitivamente che è il film giusto per riprendere un’abitudine deliziosa troppo a lungo trascurata.
Il film è la storia di Massimo, dentista nel mezzo del cammino di sua vita, che trascorre i suoi giorni nell’agiatezza di una villa assopita nella campagna laziale, con una moglie bellissima e devota, due figlie adorabili e i cani.
Qualche vizio il nostro ce l’ha. La bottiglia e le pasticche che gli servono per riempire il vuoto della noia di una tanto agognata borghesia che anestetizza ogni desiderio di ribellione e per sostenere i ritmi della professione.
E vabbè. Ci sta. Non facciamo i moralisti.
La sua pacifica esistenza però viene messa a soqquadro dalla scoperta in cantina di una ragazzina, insanguinata, scarmigliata, selvaggia, imbavagliata e legata a una tubazione.
Ora, io non spoilero, ma se voi non sapete resistere alla curiosità, la cara, vecchia zia Wiki vi racconta tutta la trama dall’inizio alla fine (mancano solo i titoli di coda).
Il film è bellissimo. Ben fatto, con ottimi attori, dura appena 90 minuti, nel corso dei quali la sensazione di inquietudine per la vicenda di Massimo si intensifica sino a diventare vero e proprio disagio.
Il finale è davvero a sorpresa e ribalta tutto quello che avevamo pensato fino a quel momento.
Unico consiglio, se non siete proprio di buonissimo umore, evitatelo.