Con quei tuoi occhiali tondi e neri, un po’ Le Corbusier, e la faccia spigolosa, la aspetti. Ma chi è già? Non mi ricordo più se questa volta è Pucci o la Milly.
Sei lì, ormai da sei ore alla Meridiana, sotto l’acqua di novembre e le lenti bagnate dai due lati, mentre lei sgattaiola dalla porta di servizio, ridendo un po’ coquette, al braccio di quel tipo coi pantaloni a doppie pince senza il risvolto. E un doppiopetto che fa tanto gagà.
Ma i ragazzi non le sono mai piaciuti. Chissà se questo tu non lo sapevi o forse era soltanto che non volevi crederci.
E resti lì da solo, fuori dalla porta principale, con la delusione in corpo e un vizio assurdo, che si va facendo largo nel tuo cuore. E quei tre mesi di pleurite da scontare.
E chi l’avrebbe detto mai che la tua corsa un giorno sarebbe terminata a soli pochi passi da quel pomeriggio di quasi inverno e caldarroste.
Intanto Alice, ostinata, rimane a guardare la città e i gatti e quei vestiti scuri per la pioggia che ti pendono addosso come panni tristi.