Poesie

Pare che a un certo punto di naufraghi non se ne vedessero più, nemmeno scrutando attentamente l’orizzonte.

Non restava più nessuno da ripescare da quel mare affannato che mi divideva dall’Argentina.

Per mesi avevo incontrato lo sguardo di poveri (de)relitti galleggianti che mi supplicavano di essere tirati in barca e io con pazienza e attenzione, con delicatezza potrei dire, li avevo ripescati a uno a uno.

Alcuni si erano dimostrati veramente inopportuni, mi avevano svegliata la notte, insolenti!, pretendendo che scrivessi di loro, che dessi loro una voce. La mia voce.

Altri avevano anche avuto l’ardire di mettermi in imbarazzo con amici e conoscenti. Quei soggetti quasi erotici avevano suscitato ben più di una perplessità su una mia prossima fuga a ovest con un gaucho poeta di cui mi dovevo certamente essere innamorata per scriverne così.

Poi tutta questa buriana è passata. Il mare si è calmato e io ho ripreso a navigare quasi serenamente sull’olio immobile dei miei giorni.

Senonché a un certo punto sono comparse loro.

Adesso non traiamo subito affrettate conclusioni sulla mia salute mentale. Sta di fatto che tutta la poesia che avevo accuratamente schivato per un’intera vita, si è presentata alla mia porta, l’ha sfondata e mi ha invaso l’esistenza.

In briciole sparse. Preferibilmente di notte (io mi chiedo perchécazzomai tutta sta poesia mi debba aggredire la notte! e con un’urgenza indifferibile che mi impone il risveglio e la scrittura in trance, piena di errori perché lo faccio senza occhiali, prendendo appunti sul cellulare, tra le imprecazioni di mio marito che vorrebbe dormire e invece io sono lì a scrivere, e vabbè, pare che continui a sopportarmi, nonostantetutto).

Dicevo, poesie. Mah … Poesie… Boh, cose normali. Cose banali. Cose di tutti i giorni, come le scarpe strette e i mirtilli (che ossessione questa dei mirtilli!) le passeggiate e il sorriso dei bambini… Cose così, ecco, ma nella mia solita maniera che mescola il tenero con la puzza di piedi.

E poi delle poesie per le mie amiche (chissà se si riconosceranno). Ma non poesie scritte da un’amica a un’amica, no! Sarebbe facile e quindi non da me. No, ecco. Poesie che sembrano scritte da un uomo innamorato. E questo è ancora più strano.

Il punto è che io sono solo il mezzo. Voglio dire, non è che le pensi. Non funziona così. Col medesimo procedimento dei naufraghi, mi arrivano in testa già belle e pensate. Finite e solo da scrivere (e facendo pure in fretta, sennò poi se ne vanno e io resto come un’allocca).

E va bene. Mi arrendo. Scriverò pure quelle. La faccenda più incredibile è che qualcuna l’ho fatta leggere a qualche amic* (sono abbastanza “polliticamente” corretta? sono sufficientemente inclusiva?) e le hanno pure trovate belle…

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