
Riportare a casa le ceneri di Pirandello nell’Italia del secondo dopoguerra può rivelarsi un’impresa difficile ma condita di sottile ironia.
E al termine della strada si aggiunge un tassello che riporta lo spettatore al principio del film.
Struggente opera in absentia in cui tuttavia la mano del fratello Vittorio (cui il film è dedicato) si sente, guida delicata e ancora presente.
La prima parte in un biancoenero (è curioso, i film quest’anno mi stanno andando a braccetto a due a due: due in biancoenero e colore sapientemente mescolati, due in lingua originale, due sulle illusioni … mah?) denso e luminoso, con una fotografia che definire perfetta non è azzardato (e vabbé il Maestro è pur sempre un GRANDE MAESTRO). La seconda parte, più dolorosa e meditativa, è invece a colori (chi sa maneggiare il linguaggio cinematografico mescola e sorprende e non è mai banale).