
… tirò fuori una vecchia tela che aveva fatto quando era ancora a scuola. Mostrava il cantiere di un’acciaieria in costruzione. L’aveva dipinto al tempo in cui l’Accademia esigeva il più rigoroso realismo (allora l’arte non realista veniva considerata un tentativo di sovvertimento del socialismo) e Sabina, guidata dallo spirito della scommessa, cercava di essere ancora più rigorosa degli insegnanti e dipingeva con una tecnica che mascherava la pennellata e produceva l’effetto di una foto a colori.
«Quel quadro mi si era rovinato. Ci era gocciolato sopra del rosso. All’inizio mi infuriai, ma poi quella macchia cominciò a piacermi perché sembrava una crepa (… ) Cominciai a giocare con quella crepa, ad allargarla, a immaginare cosa sarebbe stato possibile vedere dietro (…) Davanti c’era sempre un mondo perfettamete realistico e un po’ più in là, come dietro alla tela strappata di uno scenario, si vedeva qualcos’altro, qualcosa di misterioso o di astratto.
Tacque, poi aggiunse: «Davanti c’era la menzogna comprensibile, e dietro, l’incomprensibile verità».
Tereza ascoltava (…) tutti i quadri di Sabina (…) parlavano sempre della stessa cosa, erano tutti l’incontro simultaneo di due temi, di due mondi, erano come fotografie risultate da una doppia esposizione …
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell‘essere